Bonannini: “Ultrabroadband, la strada è giusta”

L’Ad di Interoute: “Nel Paese può esserci una sola rete. E serve che sia in mano pubblica”

29 Gen 2016

Antonello Salerno

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«Il Paese ha bisogno di una rete in fibra che arrivi a ogni building, e in un Paese ci può essere soltanto una rete in fibra, un ‘monopolio naturale’: per questo è importante che sia in mano pubblica. Tutti riconoscono che la privatizzazione di Telecom Italia è stata fatta male, senza separare l’infrastruttura dal servizio. Oggi è lampante l’esigenza del passaggio dal rame alla fibra: un’occasione unica per correggere quell’errore». Lo dice a Corcom Simone Bonannini, Ad di Interoute, operatore proprietario del più grande network e piattaforma di servizi cloud in Europa, che comprende 12 data centre, 14 virtual data centre e 31 colocation center.

Bonannini, va in questa direzione l’iniziativa Cobul?

Sono contento che sia Infratel a intervenire direttamente sui custer C d D, quelli a fallimento di mercato, ma non basta. Lo stesso principio andrebbe esteso ai cluster A e B. E in prospettiva, visto che Enel è una società a governance pubblica, non è verticalmente integrata e ha manifestato l’interesse a realizzare in alcune aree un’infrastruttura d’accesso in fibra ottica, è bene coordinare gli interventi per evitare sprechi di denaro pubblico. A tendere le due iniziative potrebbero convergere sotto lo stesso cappello societario. Se un giorno Infratel aprisse il suo capitale ai mercati, potrebbe far confluire gli asset di Enel Open Fiber, e si realizzerebbe la convergenza delle due società che hanno portato avanti un piano sotto il coordinamento del Governo.

Perché il passaggio dai bandi all’intervento diretto?

Sono contento che Renzi cominci ad ascoltare Raffaele Tiscar, una persona che sa di che cosa parla. Ma sono anche convinto che il premier non sia sufficientemente concentrato su questo tema, che non è ancora, come dovrebbe, il vero centro dell’agenda politica del Governo. Finalmente si parla di intervento diretto e non di bandi, che erano una modalità discutibile. Il Governo avrebbe dovuto, prima di fare il piano suddiviso in cluster, con tante clausole e specifiche tecniche, una confusione dove sguazza chi ha rendite di posizione, definire il soggetto pubblico – che già c’è, ed è Infratel – per posare la rete. Se si realizzasse un catasto delle infrastrutture esistenti, e non quello delle reti, che mette insieme infrastrutture e servizi, potrebbe emergere che l’investimento per coprire con la fibra il Paese sia di 12 miliardi.

Non si corre il rischio di incorrere in un veto dalla Commissione Ue?

Non credo: a Milano nessuno ha bloccato la realizzazione della rete realizzata da Metroweb, nata con denaro pubblico.

Come si arriva al piano banda larga?

Nei panni dell’esecutivo trarrei la conclusione che i privati finora non hanno fatto bene il loro mestiere. L’interesse degli operatori è stato di rallentare, per valorizzare al massimo i propri asset. Quanto a Enel, non vedo male l’operazione, purché limitata all’infrastruttura passiva: sarà un arbitro da cui tutti potranno comprare la fibra. Non mi piace invece che il capitale della newco possa essere aperto a tutti gli operatori: con la loro presenza nascerebbe un oligopolio, un soggetto in termini giuridici non verticalmente integrato, però posseduto da operatori verticalmente integrati.

E’ sostenibile che possa esserci più di una rete in fibra?

No, e lo dimostro: la città italiana a più alto valore di mercato per la fibra ottica è Milano, dove c’è soltanto una rete, quella di Metroweb. Fastweb è dentro quella rete, e la stessa Telecom arriva nelle case servendosi dell’infrastruttura Metroweb. Se non c’è spazio per più di una rete a Milano, a maggior ragione non ce ne sarà in altri centri.

Contro il “digital divide culturale” sono utili eventi come Venaria?

I digital champion e Venaria sono state iniziative lodevoli: in molti si stanno impegnando gratuitamente. Ma sarebbe un grave errore lasciare al volontariato un settore strategico come questo. Servono investimenti e serve che si affidi il settore a chi possa seguirlo a tempo pieno, misurandone l’attività sui risultati.

Quale sarà il ruolo di Interoute?

La priorità di un operatore di tlc che si rivolge alle aziende è di fornire servizi alle società con esigenze di tipo globale: straniere che operano con filiali italiane, o italiane con filiali all’estero. Vorrei offrire il nostro servizio alle sedi italiane a parità di condizioni e costi con quanto succede in atri Paesi. Se non sarà possibile, sarà un danno grave di competitività per le aziende.

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