DATI PERSONALI

Safe Harbor, gli Usa chiedono stessi diritti per americani e europei

Il segretario americano al Commercio Penny Pritzker propone per i cittadini Ue stessi diritti dei cittadini americani. Ma le autorità europee pretendono più dettagli

22 Gen 2016

Patrizia Licata

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E’ ancora braccio di ferro tra Stati Uniti e Unione europea sul “nuovo” Safe Harbor: a una settimana dalla data limite fissata dai Garanti privacy dell’Ue per rinegoziare il trattato transatlantico sul trasferimento dei dati personali la quadratura del cerchio non è stata trovata e resta a rischio quello scambio di dati che è sempre più alla base della più ampia relazione commerciale oggi esistente.

Come riporta il Wall Street Journal, il segretario americano al Commercio Penny Pritzker ha chiesto alle controparti europee di dare il placet a un “accordo onnicomprensivo” proposto dalla stessa Pritzker dopo più di due anni di negoziati e che, secondo il segretario Usa, soddisfa le richieste dell’Europa, preoccupata che l’accordo possa rendere i suoi cittadini più esposti alla sorveglianza americana.

“E’ ora che tutti riconosciamo di aver fatto il possibile”, ha detto la Pritzker presente al World Economic Forum a Davos. “Quello che dobbiamo fare adesso è rispettare la deadline e evitare che gli scambi commerciali si blocchino”.

La Commissione europea, però, non è così soddisfatta e chiede ulteriori concessioni. “I passi in avanti compiuti dalla parte americana sono stati apprezzati, ma abbiamo bisogno di maggiori chiarimenti sulla trasparenza e l’effettiva vigilanza sul corretto funzionamento del sistema”, ha dichiarato il portavoce della Commissione Christian Wigand.

Punti di vista ancora divergenti, dunque, che secondo il WSJ dimostrano che la prospettiva di un rapido accordo sul trasferimento dei dati tra Usa e Ue non è così vicina. Dopo l’invalidamento del Safe Harbor deciso dalla Corte di Giustizia europea a dicembre, che ha riconosciuto che il vecchio accordo non preserva i cittadini europei dal rischio di sorveglianza di massa a stelle e strisce, i regolatori della privacy europei hanno ultimato alle due parti di rinegoziare un accordo entro fine gennaio, altrimenti faranno valere la sentenza.

Il timore è che l’assenza di un nuovo Safe Harbor crei una pensate incertezza regolatoria sul trasferimento dei dati per tutte le aziende che hanno bisogno di spostare dati personali tra Ue e Usa – si tratta di circa 4.500 società, tra cui molti colossi hitech. “E’ evidente che sanzioneremo qualunque trasferimento di dati personali che si basi solo sul vecchio Safe Harbor“, ha ribadito di recente Johannes Caspar, direttore dell’autorità per la protezione dei dati ad Amburgo, che ora reclama potere su Google e Facebook che ad Amburgo hanno la sede tedesca.

Non a caso diverse aziende hitech hanno lanciato l’allarme, da Apple a Facebook a Google, e il tema è di nuovo alla ribalta a Davos: “Vogliamo essere sicuri che i leader politici prestino la necessaria attenzione a questo problema”, ha detto un top manager dell’hitech al World Economic Forum, “anche se l’esperienza ci insegna che non si fa mai niente finché non si arriva a una vera crisi”. Alcune tech companies hanno adottato strategie ad hoc, come Microsoft che ha potenziato i data center in Europa per permettere ai clienti enterprise di conservare qui i dati degli utenti europei, senza trasferirli negli Usa. Ma la stessa Microsoft riconosce che si tratta di soluzioni contingenti che creano altri problemi e che l’unica vera risposta è un nuovo accordo politico.

La proposta della Pritzker include un sistema di revisione annuale dell’accordo, la promessa di dare agli europei gli stessi diritti di cui godono gli americani di far causa contro chi raccoglie i loro dati, e “meccanismi di trasparenza” per rassicurare l’Ue che la sorveglianza Usa è utilizzata solo nei confronti di un numero limitato di persone sospette. Ma la proposta americana non è chiara nei dettagli e nelle modalità di implementazione e le autorità europee chiedono agli Stati Uniti uno sforzo in più.

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